‘sigurròs’

 

Fine della musica. Una pausa incalcolabile ed

ingoia il piacere. Ricurvo con un occhio

sul petto che si gonfia affondo due costole

nei moti del bacino di lei che ondeggia

e swinga con me. Poi si vuota adiaframmatica

ed io, perdendo quota tra i seni,

ascolto quella brezza: “Pon otro más por favor.”

 

Manovro le braccia a ritroso sotto di lei,

mi tengo in equilibrio sui gomiti,

tolgo le mani dal barattolo di miele.

Mi levo su pistoni e bielle di braccia e pugni

e per la scia di quell’ascesa risale

l’aroma acre della sua colonia.

Apri gli occhi: hai mai nuotato

in profondità tra le cosce umide di un delfino,

illuminato dal led blu di mini-diffusori acustici?

 

La accontento. Rimuovo, scelgo, inserisco, play…

Inizio della musica: davvero “un buon inizio”.

Stretto intorno al collo aspetto ansioso

quasi che l’ordine dipenda da ciò che dirà.

Quando il canto entra la risposta è improvvisa

spessa, gustosa, ruspante: ‘sigurròs‘.

Una reinterpretazione orchestrale tutta latina

di sette suoni dalla perduta eco islandese.

M. è l’innocente spettacolo che mi ero perso.

 

Ricorderò l’ingordigia delle labbra bagnate,

il sapore di sangue risucchiato sotto pelle,

il reclinarsi del capo ad ogni morsetto sui capezzoli rosa,

il respiro profondo al ridiscenderle sul ventre,

lo sguardo estatico del «sta succedendo a me».

La gratificazione per un sospirato “me tratas bien”

che è la conferma delle sue più rosee previsioni.

 

Una Risposta to “‘sigurròs’”

  1. Oddio adoro i Sigur Ròs.

    Vituzzo, prossima destinazione: Islanda.

    Voglio solo ghiaccio e lande desolate, ghiaccio e lande desolate…e pinguini.

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